LA STORIA DELLE ROSE DI CARTA
All’inizio del secolo scorso Vigardolo era un piccolo paesetto di campagna abitato quasi esclusivamente da famiglie votate al lavoro della terra. Strade bianche si diramavano dalle corti e dagli abitati per confluire verso il centro spirituale e sociale di Vigardolo. Fino al 1939 non c’era una toponomastica stradale, il tutto si affidava a dei nomi popolari che venivano, altresì, riportati negli atti notarili. Le scuole di Monticello e Vigardolo erano accorpate in un edificio unico che, dal 1919, venne usato come lazzaretto per un’epidemia di vaiolo portata nel nostro comune da un soldato congedato e ritornato in famiglia dopo la Grande Guerra (1915-1918). Per la scuola, in quel periodo, si reperì un’aula di fortuna nella chiesetta di S. Maria Assunta a Vigardoletto. Le scuole di Vigardolo vennero terminate nel 1922 ed erano situate dov’è attualmente ubicato l’Emporio Agrario, vicino al semaforo. Le ritualità religiose erano la principale motivazione di festa del paese. Basti sapere che quando “si faceva un nuovo Parroco” o quando c’erano grandi ricorrenze religiose, si costumava creare con frasche e festoni di carta delle decorazioni da ornamento per i filari di salici delle principali vie. Si ricordano, soprattutto, le visite del Vescovo di Vicenza al quale, le nostre genti, riservavano delle festose accoglienze. La prima visita pastorale del ‘900 fu quella di Mons. Rodolfi, il 28 marzo 1914 alla quale seguì, ben 26 anni dopo, quella del 22 settembre 1940. E’ proprio in quest’ultima che può essere collocato il racconto popolare che da nome alla festa delle “Rose di Carta”, tramandato oralmente dai nostri compaesani che ricordano quei tempi, o che li hanno sentiti nominare nei racconti dei loro parenti. La protagonista è tal Noemi Oliviero in Benetti che, da attivissima animatrice delle funzioni religiose, volle abbellire il paese in occasione dell’arrivo dell’alto prelato. Numerose furono le rose di carta che la sig.ra Noemi fece con le proprie mani e che appese ai salgàri (salix viminalis) del paese. Allora Vigardolo era chiamata “terra dei salgàri” in quanto questi comuni alberi, dai quali si ricavavano le “strope” (vimini), crescevano rigogliosi a bordo strada mettendo radici profonde su quella terra di risorgiva che contraddistingue il nostro territorio. Questo originale allestimento non passò inosservato, tant’è che durante l’omelia il Vescovo Rodolfi sottolineò l’accaduto e disse che Vigardolo è un paese talmente florido e fecondo che anche sui salgàri sbocciano le rose. Ci giungono voci che la notizia fece il giro dei territori circostanti tant’è che ancor oggi, alcuni vecchi residenti in comuni limitrofi, ricordano folcloristicamente Vigardolo come “il paese dove nascono le rose sui salgàri”.
(Christian Zocchetta e Claudio Barausse)